Il comportamento prosociale

Bierhoff (1980) indica due condizioni che possono definire le risposte come prosociali: l’intenzione di procurare un “favore” od un ”beneficio” ad altri e la libertà di scelta. Un comportamento altruistico scevro da interesse pratico, come quello indicato nella parabola del “buon Samaritano” è, purtroppo, non molto frequente. Il comportamento di dare aiuto, in senso prosociale, ampio, detto anche altruistico puro, non è sempre disinteressato. Molto frequentemente questi comportamenti sono determinati dalla prospettiva di ricompense varie. Il gesto o l’azione veramente disinteressata è quello/a che si evidenzia e si esplica nei termini in cui ci sia sollecitazione data da un’emergenza (ci troviamo in una condizione di “contingenza reattiva”). Ciò, nel nostro campo, può essere evidenziato nei momenti di grave calamità che si abbattano sui Territori più o meno vasti, per cui ci sono molte o moltissime persone che abbisognano di sangue totale o plasma, oppure quando vengano rivolti appelli urgenti al dono per neonati o bambini o puerpere. La condizione emotiva gioca il suo ruolo importante e fondamentale per far sì che una grande quantità di persone, in buona parte non donatori (i donatori si recano sempre e con una certa regolarità senza chiamata), si avvicinino al dono presso i Servizi trasfusionali. E’ importante il poter dire “anch’io l’ho fatto”. Passato il momento di urgenza si ricade nella carenza di sangue e derivati di esso. Il momento di urgenza può durare un giorno o forse “qualche giorno”, mai per tempi lunghi, perché quando l’urgenza è troppo lunga cade nella routine, poiché le persone si abituano alle richieste e non sentono o non ascoltano più il messaggio e l’invito.

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